Enrico Colombini

E se Leopardi...

(scritta con Riccardo Carugati tanti anni fa, recuperata dal polveroso fondo di un cassetto digitale)



Vi siete mai chiesti cosa sarebbe successo se Giacomo Leopardi avesse scelto un altro mestiere? Per esempio, un buon posto sicuro in Comune?


Oggetto: Piano regolatore, colle di Recanati
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Con la presente si precisa che la discontinuità altimetrica in oggetto e 
l'annesso riparo arboreo, la cui presenza incide peraltro negativamente sulla
valutazione delle prospettive a lungo termine, ha lungamente costituito per
lo scrivente Ufficio oggetto di pregiata attenzione [1].
Tuttavia la seduta della commissione consultiva avanza l'ipotesi che oltre 
detta discontinuità sia possibile individuare i più ampi spazi lottizzabili, 
la pressoché totale assenza di inquinamento acustico e l'inattaccabilità da 
qualsivoglia controperizia; caratteristiche peraltro che si raccomanda di 
gestire con la dovuta cautela [2].
Si comunica pertanto che, a fronte degli eventi meteorologici recentemente 
rilevati in rapporto agli elementi costitutivi del citato riparo, si ritiene 
opportuno l'avvio di una fase di confronto con la costituzione di un apposito 
comitato fonometrico [3]; si ricordano a tale proposito il tempo necessario 
per l'evasione della relativa pratica, i numerosi impegni di cui questo 
ufficio è gravato, le attuali ben note circostanze, e le voci riportate dalla 
stampa locale [4].
Pur ribadendo la difficoltà di mandare in porto un progetto di così ampio 
respiro evitando i numerosi scogli che ne ostacolano la rotta, si manifesta 
soddisfazione per l'indubbia profondità dell'analisi eseguita [5].

Ringraziando per la cortese attenzione, si porgono distinti saluti.

                                         Il Responsabile del Settore
                                         (Dott. Giacomo Leopardi)

Appendice tecnica
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[1] Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte
    dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
[2] Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani 
    silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco
    il cor non si spaura.
[3] E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito 
    silenzio a questa voce vo comparando:
[4] e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il 
    suon di lei.
[5] Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è 
    dolce in questo mare.

 


  Updated 09/09/14 by Enrico Colombini (erix@erix.it)